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"Assoli" di Vinicio Salvatore Di Crescenzo

07 martedì Mar 2017

Posted by mrosf in Recensioni

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amore, Assoli, bellezza, condivisione, editoria, emozioni, fantasia, Le Mezzelane Casa Editrice, letteratura, libri, malinconia, messaggi, natura, poesia, recensione, scrittura, silloge, sinfonia, universo, Vinicio Salvatore Di Crescenzo, vita

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La Mezzelane Casa Editrice ci regala una raccolta poetica che ha le sembianze di una sinfonia. “Assoli” di Vinicio Salvatore Di Crescenzo è un inno alla natura nei suoi singoli elementi, l’esplosione della preziosità di ognuno di essi da cui l’autore trae esempio e insegnamento per la vita.

Proprio come una sinfonia, dicevamo, ogni poesia è il canto di una voce che si alza dal coro per far prevalere uno strumento, e ognuno di essi ha la medesima importanza, la medesima intensità.

L’autore ci insegna il dono prezioso di Madre Terra e di tutto ciò che essa ci trasmette ogni giorno: la bellezza.
Tra i suoi versi, gli elementi della natura sono così potenti da apparire personificati, si ha la sensazione di trovarsi al cospetto di dei impetuosi che custodiscono un segreto, ma che allo stesso tempo non possono impedire all’uomo di agire mancando loro di rispetto.

Leggendo queste liriche sembra di passeggiare per sentieri boscosi, solitari e nascosti. Per campi aperti al sole e pronti ad accogliere la pioggia. La sensazione è quella di una passeggiata tra il verde fresco di paesaggi silenziosi eppure rigeneranti. Sembra di sentire addosso le emozioni e sembra di poter essere guariti dall’ambiente: a lei il poeta si rivolge per affidare la cura dei propri tormenti e risolverli aiutandolo a trovare sollievo.
Non solo gli elementi del creato, il poeta ci invita ad osservare il mondo intero, a scorgere i dettagli, i particolari, perché è osservando che possiamo capire i meccanismi dell’universo e dell’animo umano. E dunque, il secondo blocco di poesie è dedicato ad immagini di vita nelle quali le persone affrontano una quotidianità che si intreccia ai ritmi della natura.

I versi di Di Crescenzo suggeriscono riflessioni. Dall’ambiente che ci circonda si può imparare, ecco il messaggio, e forse è il momento di rallentare il ritmo frenetico che hanno dovuto prendere le nostre vite e accordarlo invece ai ritmi naturali della terra. È evidente che sia l’uomo l’elemento che contamina e può macchiare ogni cosa intorno a sé. E di questo Di Crescenzo non nasconde il disappunto.

La sua è una poesia curata. La scelta delle parole, delle immagini è attenta, ed è una lettura accessibile, il messaggio risulta fruibile ad ogni lettore.

Come dicevamo, il secondo blocco ricomprende poesie che trovano ispirazione non sono nella natura e nei suoi elementi, ma nelle strade delle città, nella memoria che queste suscitano, nel tempo che passa più tangibile tra i vicoli e tra le case. I tormenti dell’animo qui, in questo caso, sembrano più forti, più nervosi e urgenti. L’anima in pena appare quasi rassegnata.

E se queste liriche fossero il canto di un ritorno alla normalità dopo un viaggio di introspezione, e la quotidianità presentasse nuove sfide da affrontare con nuova consapevolezza? Questa è l’impressione che ho avuto: come di una smentita dell’esaltazione del primo insieme; di una poesia che si avvicina ancora di più al lettore.

Nel terzo blocco, poesie dedicate all’amore, canti di gioia e dolori suscitati da questo sentimento che, come preannuncia nell’introduzione l’autore, è come fuoco: divampa con impeto ma può anche esaurirsi in niente.

E allora sono tante le sfaccettature da osservare e cantare tra i versi. La natura diventa filo da ricamare con le emozioni suscitate da questo sentimento, sia condiviso che respinto. Esso non è fattore determinante ma di contorno alle vicende.

Mi sembra di notare la prevalenza di un sentimento di tristezza e malinconia per ciò che non è più. Toccanti, infatti, i versi dedicati alla madre; commovente l’evocazione di questo lutto che ancora è sempre fa male, come solo può la perdita di una madre. Il ricordo si mescola agli odori e ai silenzi del lungo che ospita le amate spoglie.

Condivido quello che afferma Michela Zanarella nella prefazione: “Assoli” è il canto di una ricerca interiore che avviene e viene suggerita osservando la natura. Da ogni elemento emana un’energia che scuote autore e lettore, un’energia autentica, sincera, pura che passa e sconquassa l’animo. Lo innalza dalle sue ombre, senza suggerire alcuna fuga, ma spronando ad attraversarle, perché dopo la tempesta torna il sereno.

Per informazioni sull’autore http://lemezzelane.altervista.org/vinicio-salvatore-di-crescenzo.html

Per acquistare il libro http: Assoli
oppure //www.lemezzelane.altervista.org/negozio/index.php?id_product=13&controller=product

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"Pistole, vita e mutande di gente perbene" di Salvo Barbaro

22 mercoledì Feb 2017

Posted by mrosf in Recensioni

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autore, carneficina, condivisione, emozioni, enigmi, gente, gente perbene, Le Mezzelane Casa Editrice, libri, mutande, nuovi autori, nuovi libri, pistole, racconti, salvo barbaro, scrittura, vita

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Copertina accattivante, titolo che non lascia presagire nulla di romantico, La Mezzelane Casa Editrice ci presenta così la prima fatica letteraria di Salvo Barbaro, “Pistole, vita e mutande di gente perbene“. Una raccolta di tre racconti che trattato tematiche attuali, forti e scomode.

Il ritmo della scrittura è veloce, non lascia tempi morti o cose in sospeso; è essenziale, quasi giornalistico, talvolta può sembrare sbrigativo, ma è una particolarità che non toglie nulla alla narrazione. La voce narrante è molto distaccata e riesce ad essere cruda, obiettiva, spietata anche.

I primi due racconti sono storie di vite spezzate, in un paese malsano, malato, infettato da tradimenti, droga, malavita e prostituzione. Storie di vite che cercano uno spiraglio che dia loro voglia di continuare a trovare una salvezza, una svolta. Invece, nel ritmo veloce della narrazione, è tutto un vortice che tira verso il basso, verso la perdita e la morte.
È facile perdere le speranze dove non c’è neanche uno spiraglio e le persone vengono stroncate nei loro tentativi di redenzione.
Le tragedie che si susseguono nel giro di pochi giorni giustificano e rendono inevitabile l’alimentazione dell’odio che dà il titolo a questo primo racconto.
Ma è davvero tutto privo di speranza? È davvero tutto inutile?
Forse c’è un appiglio e la resa può sembrare smentita. I miracoli forse accadono.

Lo sfondo su cui si disegnano le vicende sono quelle di piccoli paesi di provincia dove il pettegolezzo regna sovrano tra coloro che fingono di non sapere.
Tra le righe tanti spunti di riflessione.

Salvo ci tiene sul pelo dell’acqua, con una scrittura schietta ed essenziale. Gli accadimenti si susseguono senza nemmeno avere tempo di metabolizzarli realmente, proprio come una raffica di pugni al volto e allo stomaco.
Ad ogni racconto concluso devi fermarti e prendere fiato, come se li avessi letti in apnea. E ti accorgi, sia nel primo che nel secondo racconto, che speravi in un lieto fine, a cui forse non credevi nemmeno tu veramente.

Un libro che è una carneficina continua, senza sosta, senza fiato. Una denuncia dell’ignoranza, della sete di potere del più forte, dell’assenza di reazione del più debole, del popolo che subisce come fosse la norma tutto quello che accade.
Tra questi spiccano quei personaggi coraggiosi, quei pochi che vogliono cambiare.
E il lettore si domanda se riusciranno mai a fare giustizia.

Il terzo racconto è quello che ho preferito tra tutti. E’ di più facile immedesimazione perché è il racconto di un ragazzo del Sud che ha vissuto l’adolescenza un po’ come me, in un posto come me, e che sta vivendo il dramma del precariato come me e i miei coetanei. La sua esperienza e i suoi stati d’animo sono comprensibili. Un vissuto semplice con argomenti molto attuali.

Ogni paragrafo fa un salto in un momento della sua vita diverso, ed è un vagare che non confonde, non disturba, anzi intenerisce.
È un racconto che trovo molto commovente proprio forse per la sua semplicità, per la sua onestà.
Mi piacciono questi salti nel tempo che mi permettono di affezionarmi al protagonista perché me lo fanno conoscere nei momenti più importanti della sua vita.

Ho amato questo racconto perché è stato come essere tirata al suo interno con eguale forza e delicatezza dalle parole e dai toni di Salvo. Sensazioni opposte, eppure tutte forti.
Ho condiviso tante delle vicende narrate, mi ci sono sentita io stessa protagonista. Troppe storie, troppi drammi, troppo tutto condiviso. Così come quella inspiegabile speranza che, nonostante le difficoltà e le bastardate a cui ti sottopone la vita, non smette di farti sentire fiducioso, andrà bene, questa è la volta buona.

La cosa più bella è l’onestà che trapela dalla penna di Salvo. Non ci sono giri di parole. Perché la vita, a un certo punto, nei ricordi diventa una serie di immagini incollate l’una all’altra dalle emozioni provate. Quelle sensazioni che tra le righe saltano fuori a seconda della sensibilità del lettore.
Salvo diventa voce di una parte dell’animo della generazione a cui appartengo, quella del lavoro galoppante e del mettersi sempre in gioco nonostante una stanchezza emotiva e fisica preoccupante che sfinisce, abbatte ma non uccide.
La sua storia diventa storia di tutti. E nonostante non sia una favola, è bello leggerla, lasciarsi cullare da quei nei che la affollano. Perché è verosimile, convincente e credibile. Perché è come la vita vera.

Per info sull’autore: http://www.lemezzelane.altervista.org/salvatore-barbaro.html

Per acquistare il libro: Pistole, vita e mutande di gente per bene
oppure http://www.lemezzelane.altervista.org/negozio/index.php?id_product=15&controller=product

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"Salve amici della notte, sono Porzia Romano" di Rita Angelelli

13 lunedì Feb 2017

Posted by mrosf in Recensioni

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amici, bellezza, cicatrici, condivisione, coraggio, corpo deturpato, dolore, femminilità, fondo, forza, forza d'animo, Le Mezzelane Casa Editrice, letteratura, lettere, libri, malasanità, messaggi, on the road, Porzia Romano, recensione, Rita Angelelli, romanzo, scrittura, sofferenza, viaggio, vita

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Chissà a voi altri lettori cosa vi ispirano l’immagine di copertina e il titolo di questo lavoro di Rita Angelelli, “Salve amici della notte, sono Porzia Romano“, edito da La Mezzelane Casa Editrice.
A me personalmente, preannunciava un giallo, e immaginavo che Porzia Romano fosse una detective alle prese con la soluzione di un omicidio.

Ma mi sbagliavo.

Prima ancora dell’introduzione, il libro si apre con una poesia dell’autrice, una poesia profonda, tagliente, struggente, parole che lacerano prima ancora di sapere quale sarà la storia. Una vera e propria lettera a cuore aperto che ci rivela che il racconto che stiamo per leggere è basato su fatti realmente accaduti che hanno segnato la vita di chi scrive.
È la lettera sofferta di una donna di cui si intuisce la forza e la determinazione al di là di tutte le sofferenze affrontate.

Porzia Romano è, quindi, solo una speaker radiofonica che fa da ascoltatrice per la vera protagonista di questo libro, che è, invece, una donna che viaggia nella notte verso Modena dove dovrà sottoporsi ad una ennesima serie di esami e controlli medici. La protagonista, spinta da un impulso che ha il sapore di un bisogno di raccontarsi, decide di intervenire telefonicamente durante la trasmissione di Porzia e si definisce Anonima, anche se poi si prepara a mettersi a nudo e raccontare tanto di sé.

Il dolore ha segnato non solo il suo l’animo, ma anche la sua pelle con cicatrici profonde, “tante che già sembra la superficie della Luna“. L’argomento è la femminilità, quella di una donna il cui corpo è stato deturpato dalla malattia e dalla malasanità. La sofferenza di una donna che non solo ha visto il suo corpo colpito da una atroce malattia, ma ha sperimentato anche le profonde ferite dell’animo di una persona che non riesce più a sentirsi desiderabile, amabile perché sfigurata nel corpo dall’incompetenza e dalla superficialità di chi invece dovrebbe prendersi cura della nostra salute.

Rita racconta in queste pagine la sua storia di vita personale, la sua storia di dolore, malasanità e femminilità distrutta. Il tono stanco e arrabbiato penetra dentro e contagia il lettore.
La telefonata a Porzia è intervallata da brevi testi in corsivo che sono veri e propri sfoghi di dolore e sfinimento in una lotta contro l’ingiustizia e contro il mal di vivere che segna il proseguimento della storia di vita di Anonima. Rita ci regala pensieri e parole intime nate dal suo dolore. Ci conduce per mano dal fondo della sofferenza fino alla luce della consapevolezza.

Come la protagonista stessa dice, scrivere la aiuta a sfogarsi, a parlare di sé. Viene quindi celebrata la funzione terapeutica della scrittura, e il dolore provato nell’intimo si trasforma in parole.

La voce di Anonima è la voce di chi vive una condizione vergognosa; la voce di una donna che ha sofferto tanto. La durezza del tono usato è indicativa di un percorso tortuoso di indignazione, di un’ingiustizia subita. Ci vuole coraggio a raccontarsi, così come ce ne vuole a spogliarsi, a spegnere la propria sensibilità per sopravvivere e ricostruirsi. Una storia che racconta una realtà purtroppo vera e purtroppo ingiusta che ti costringe a diventare duro, impassibile, insensibile. Cadere fino al fondo, oltre quel fondo dove le ingiustizie ti hanno spinto, restarci tutto il tempo necessario a rivestirsi di nuova pelle.

Ho avuto la fortuna di conoscere Rita personalmente, e mentre leggevo il libro la rivedevo nei miei ricordi con la sua energia, la sua instancabile passione. La rivedevo correre e pensare a tante cose da fare, al suo entusiasmo, e ho sentito di avere avuto accesso ad una parte intima di lei.
Ci vuole un’incredibile forza d’animo per affrontare tutte le ingiustizie, le sofferenze fisiche e morali subite da lei e narrate da Anonima, e pensare che si tratta di una storia veramente accaduta (come tante oggi) è agghiacciante.

Nulla è ancora risolto alla fine di queste pagine, non c’è un vero lieto fine, ma si apre uno spiraglio che nasce da dentro la voce che narra e vive tutta la vicenda in prima persona. Quella voce che oltre a condividere un pensiero e una terribile esperienza ci lascia un consiglio, un esempio.

Mi viene da pensare che la notte del titolo e anche del momento in cui avviene il viaggio con Porzia non sia una scelta casuale ma una intenzione voluta dall’autrice. La notte usata come metafora di una fase difficile e buia della propria vita, una prova senza luce da affrontare come l’ignoto nel quale non si hanno certezze. Una notte da cui non ci si può sottrarre se non attraversandola con coraggio. E il coraggio che mostra la nostra Anonima è proprio quello di spogliarsi, tirare giù la maschera e raccontarsi nell’intimo.

Rita ci permette di entrare nella sua vita e nella parte più scomoda di essa. Ci vuole coraggio a farlo così come ci vuole coraggio ad ammettere a se stessi che alcune prove a cui ci sottopone la vita dobbiamo affrontarle e superarle da soli. Solo in questo modo potremmo guardare in faccia i nostri demoni e sconfiggerli.

Credo che “Salve amici della notte, sono Porzia Romano” sia un libro che dovrebbero leggere in molti, soprattutto chi ha bisogno di essere ascoltato, chi ha bisogno di essere spronato ad urlare il proprio dolore, la propria rabbia.

Per informazioni su Rita Angelelli http://lemezzelane.altervista.org/rita-angelelli.html
Per info e acquisto libro http: Salve amici della notte, sono Porzia Romano
oppure //www.lemezzelane.altervista.org/negozio/index.php?id_product=3&controller=product

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"Fiori d'asfalto ed altre solitudini" di Allan Corsaro

09 venerdì Dic 2016

Posted by mrosf in Recensioni

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Allan Corsaro, asfalto, bellezza, condivisione, emozioni, istantanee, libri, malinconia, messaggi, poesia, recensione, round midnight edizioni, scrittura, silloge, universo

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La ‘round midnight edizioni è una casa editrice che si occupa principalmente di poesia dando un contributo notevole per la diffusione di questa forma letteraria, purtroppo trascurata.

Esistono invece tanti gioielli che toccano le corde dell’anima e, senza troppa delicatezza, vi lasciano dentro segni profondi che commuovono e spingono a riflettere.

Questo è il compito della letteratura; questo è il compito della poesia.

Allan Corsaro è un altro poeta della scuderia ‘round midnight edizioni. Un poeta del nostro tempo che qualcuno potrebbe aver “immaginato, da qualche parte”. Ma, ad incontrarlo tra i versi che ci regala, si ha la sensazione tangibile di qualcosa di corposo, ricco e tagliente.

“Fiori d’asfalto ed altre solitudini” è una silloge da leggere ad alta voce. Anche solo sussurrate, le poesie in essa contenute si devono sentire. La voce, infatti, ne svela altri significati, altre sfumature, oltre quelle immediate.

Impressioni al primo impatto: il nostro poeta ama vivere nella notte e te lo immagini, sin dai primi versi, camminare per le strade illuminate dai lampioni a rubare storie di chi come lui vive in quel preciso istante della giornata. Come se nell’oscurità ci si potesse proteggere ed essere davvero se stessi, e nell’oscurità capire davvero.

O forse è il contrario, e lui non riesce a vivere la notte come vorrebbe?

Di sicuro, Allan Corsaro riesce a cogliere tanta umanità (“raccolgo mani / braccia / profili / passi come fossero doni“).

I versi sembrano passi compiuti sull’asfalto di una città di cui non conosciamo né nome né fisionomia, ma è rilevante: sono le vie della vita, quelle strade che si imboccano crescendo o affrontando il quotidiano; le strade che percorriamo con un bagaglio che alimentiamo ogni giorno. Ma cosa sta cercando Corsaro su questi marciapiedi, per questi vicoli che sembrano solitari, silenziosi, riflessivi, e celano invece tanta vita?
A volte sembra una ricerca incompleta, sospesa. Come se si percepisse la frustrazione di qualcosa di inaspettato.
E così è facile rischiare di confondersi tra la folla e l’asfalto.
Nei suoi versi, che esplodono di bellezza, c’è come la volontà di esprimerla e gioirne, e urlare l’incapacità di saperlo fare e saperlo vivere.

Allan Corsaro è innamorato della vita e di ciò che lo circonda. Si evince dalle sue parole la consapevolezza di tutto questo, ma allo stesso tempo sembra mostrare se stesso come piccolo, impotente, incapace di accogliere appieno questo messaggio di splendore.

La parola chiave e asfalto e non solo per via del titolo. È richiamata più volte tra i versi, e questo ci suggerisce un’ambientazione vera e propria, primo elemento di congiunzione e continuità del racconto poetico di questa silloge: la città.
La città con le sue solitudini dettate forse dalla frenesia del quotidiano. La città con le sue routine che a volte ci distaccano dalle cose realmente preziose.
L’asfalto è un pretesto per raccontare le vite degli altri che incrociano gli occhi del poeta e suscitano in lui riflessioni. Un pretesto per un’analisi di se stessi nel confronto.
L’asfalto serve a denunciare la solitudine dell’essere umano tra i suoi simili. Esso rende “i muri più espressivi delle persone che contengono“: in questo verso si vince il sollievo che si prova dal confronto con le architetture della città, più lieve, più apprezzato del confronto con l’essere umano. Come se la distanza tra uomo e architettura fosse meno dolorosa di quella che c’è tra uomo e uomo.

Tra questi versi, c’è la paura del distacco e la tremenda consapevolezza che esso sia un fatto inevitabile.
La poesia è un mezzo per non impazzire, e il pomeriggio è il momento migliore per darle voce e luce.
La poesia è un grido per noi per denunciare il proprio disagio interiore. Quella irrequietezza che contrasta con la sfiducia verso tutto e ti fa comunque lottare ogni giorno con “la stupida tenacia di questa testa contro muri invincibili / che se non si ferisce si spacca /  ed è l’unica fenditura della vita“.

Corsaro lascia intendere la poesia come mezzo per urlare disagio, frustrazione, confusione, ma anche il senso di mancanza e solitudine che ci colpisce a questo mondo e che colpisce soprattutto gli animi più sensibili.
E urlare questa poesia sembra diventare l’unico modo per restare vivi, sani e salvi.

Trovo alcune di queste poesie assolutamente condivisibili. Corsaro, infatti, riesce a dare voce a tormenti e dubbi comuni. Una voce che ci voleva.
E alla fine, la poesia è una serie di istantanee, di pensieri suscitati dalle immagini di cui si fa esperienza nel quotidiano, e che nell’apparenza sembrano dettagli insignificanti su un quadro ma che a guardare meglio, a soffermarsi, si notano le sfumature e anche l’incanto poetico che alberga in ogni cosa.
Nella penna felice di Allan Corsaro si legge questo desiderio di abbandono di sé alla poesia come fossero gli occhi di una persona.

Per informazioni sull’autore e per acquistare il libro
http://www.roundmidnightedizioni.it/book/fiori-dasfalto-ed-solitudini/

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"Telegrammi" di Anna Ruotolo 

25 venerdì Nov 2016

Posted by mrosf in Recensioni

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abbandono, anna ruotolo, bellezza, condivisione, lettere, messaggi, missive, poesia, poetessa, round midnight edizioni, sollige, telegrammi, universo

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La ‘round midnight edizioni ha scelto per le sue pubblicazioni un formato piccolo, che a mio avviso aiuta a percepire il volume come un oggetto prezioso, uno scrigno che contiene diamanti. E ogni volta trovo conferma di questa sensazione.

La breve silloge di Anna Ruotolo, “Telegrammi“, è uno dei tesori del catalogo ‘roundmidnight.
Si tratta di brevi e intensi messaggi rivolti prima di una partenza, di una separazione, o semplicemente per comunicare tenere confessioni che non celano un impeto enorme. Scritti da chi resta o da chi sta per andare. Ma a chi sono rivolti?

È questa la sensazione, come quella di un messaggio lasciato prima che sia tutto concluso; come a voler dire prima di dimenticare, per non lasciare nulla di non detto o qualcosa in sospeso.
Messaggi che sono come ammonimenti, note, appunti prima di un viaggio, oppure prima di ritrovarsi dopo una separazione.
Messaggi come confessioni tenere, difficili, delicate eppure urlate in modo forte.
E questi messaggi comprendono sensazione di un momento.
“Oggi perderemo qualcosa insieme“, scrive in un verso la poetessa, e in fondo per accogliere la poesia ci si deve perdere un po’, perdere qualche barriera intorno a se stessi, perdere il senno, perdere i limiti. E questo abbandono diventa strada necessaria ad accogliere il senso della bellezza, il senso dell’arte.

La lettura di queste brevi missive sembra riconciliarti teneramente con l’universo, trasportarti ad un livello superiore di pace e comunione.
La penna di Anna è delicata in apparenza, ma solo in apparenza: i suoi versi, infatti, sono colmi di sentimento e potenza. Ed è una sensazione che trapela in modo imponente nella lettura di queste missive.
Lettere che ci raccontano di un legame magico, lettere che ci ricordano noi stessi.

La sua mano è presa in prestito per tradurre le nostre esperienze.
C’è un vuoto creato da una partenza, un distacco: in alcuni versi si legge il desiderio di continuare a mantenere il contatto anche se solo con una parola, con poche righe. E con quelle righe, Anna riesce ad aprire la porta di un mondo intimo eppure sconfinato; universo prezioso nel quale siamo invitati a prendere posto nella condivisione.

Anna usa ogni elemento della natura in questo dialogo; chiama in soccorso animali e astri per superare e colmare i vuoti lasciati aperti dall’abbandono.
E tutto diventa vivo, tutto palpabile. Una poesia delicata eppure impetuosa. Una vera e propria esperienza.

Per seguirla su fb: https://www.facebook.com/anna.ruotolo.ce?fref=ts
Per acquistare il libro: http://www.roundmidnightedizioni.it/book/telegrammi/

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